La Storia
L'Abruzzo Teramano nei secoli
L'area di Cellino era abitata già nell'età del bronzo, epoca alla quale risalgono i resti di due insediamenti rinvenuti in località Monteverde e in località Valviano. Al periodo italico (IV-III secolo a.C.) risalgono le tracce di un altro insediamento rinvenute in località Telesio e di due necropoli rinvenute in località Case Rapacchietta e in località Mingarelli.
In età italico-romana Valviano fu sede di un grande vicus del quale sono riemersi alcuni resti murari, tratti di un acquedotto coperto da lastre calcaree e resti di un edificio templare in località Case Carnevale. Al vicus era collegata una necropoli che ha restituito sepolture di età repubblicana con corredi in vasellame a vernice nera del III secolo a.C.. In località Telesio sono riemersi i resti di un altro vicus italico-romano occupato per tutta l’età repubblicana fino alla media età imperiale, e poi, nel tardo-antico, trasformato in una villa rustica. In località Stampalone sono stati rinvenuti un fontanile antico con vasca in opus tessellatum e, nel 1890, un tesoretto di circa 150 monete d'argento databili dal II al I secolo a.C.
Intorno agli insediamenti principali il territorio era punteggiato di piccole fattorie rustiche documentate nelle località Case Rapacchietta, Artemisio, Case Luciani, Faiete, S. Martino, Colle S. Marco Petrolio, S. Maria di Scorrano, Case di Sante. Una necropoli di età imperiale è emersa a Case Marano, mentre indizi di un’altra necropoli sono emersi in località Medoro. La concentrazione di questi insediamenti intorno a Cellino e il vicino Cermignano, documenta il passaggio di una strada di crinale che da Hatria (Atri) portava verso Basciano, strada che si collegava alla centuriazione della valle del Vomano.
Una grande villa romana di età imperiale, centro di produzioni agricole, è stata individuata nella località Piano della Monaca con continuità abitativa fino al tardo antico (IV-VI secolo d.C.). Gli scavi effettuati hanno restituito murature a ciottoli, una fornace in laterizio, un torcular e ceramica databile dal II al VI secolo d.C.
In epoca italico-romana l'odierna provincia di Teramo era abitata dai Pretuzi (Praetutii), una tribù del popolo dei Piceni la cui presenza è testimoniata dalle numerose tombe di età compresa tra il X e il III secolo a.C. rinvenute nella necropoli di Campovalano di Campli (Teramo).
L'odierna Teramo derivò il proprio nome dalla denominazione romana di Interamnia Praetutiorum, dove Interamnia significa "terra tra i fiumi” Tordino e Vezzola, toponimo che ancora contraddistingue la città.
L'Abruzzo Teramano era chiamato dai Romani Praetutium e intorno al 7 d.C. fu inserito da Augusto nella Regio V Picenum. La rilevanza politica dell'antico Pratetutium, poi diventato nell’alto medioevo Aprutium (l’antica provincia di Teramo) è testimoniata dal fatto che il suo nome passò ad indicare successivamente l'intera regione Abruzzo.
Dopo il crollo dell'Impero Romano d'Occidente, il Teramano fu conteso da Ostrogoti e Bizantini e fu infine occupato dai Longobardi, che nel VII secolo vi istituirono la contea di Aprutio. In epoca franca l'intera Italia centrale e meridionale divennero feudo della Chiesa e tali rimasero anche dopo l'avvento dei Normanni. Roberto il Guiscardo, della famiglia normanna degli Altavilla, prima contro e poi su investitura del papa, riuscì nell'impresa di unificare sotto il proprio dominio tutto il Sud d'Italia, incluso il Teramano, che fu invaso dal suo inviato Roberto I conte di Loretello.
I Normanni mantennero il possesso del Teramano fino all'avvento degli imperatori della casa sveva degli Hohenstaufen. Nel 1185 Federico I Barbarossa riprese possesso del Teramano, confermando i privilegi ai conti normanni che si erano alleati con lui. Nel 1233 l'imperatore Federico II, nipote di Federico I, incluse la contea di Apruzio nel Giustizierato d'Abruzzo (Justitiaratus Aprutii), ovvero il Governatorato d'Abruzzo.
Nel 1268, sconfiggendo Corradino di Svevia nella battaglia di Tagliacozzo, Carlo I d'Angiò subentrò agli Svevi sul trono di Napoli e di Sicilia. Nel 1273 divise il Giustizierato d'Abruzzo in due parti, collocate a nord (Aprutium Ultra) e a sud (Aprutium Citra) del fiume Pescara. L'Aprutium Ultra coincise con le attuali province di Teramo e L’Aquila. La bipartizione dell'Abruzzo voluta da Carlo I d'Angiò è il motivo per il quale, ancora oggi, ci si riferisce talvolta alla regione al plurale: "gli Abruzzi".
Sotto gli Angioini il Teramano conobbe un periodo di grande floridità. Una disposizione del Giustiziere datata 1279 consente di conoscere i nomi delle famiglie nobili investite dei feudi dell'Abruzzo Ultra. Tra queste compare la famiglia Acquaviva, già titolare di alcuni feudi, che espanderà rapidamente i propri possedimenti.
Estintosi nel 1382 con la regina Giovanna I di Napoli il ramo principale degli Angioini, nel 1395 il nuovo re di Napoli Ladislao I, appartenente al ramo cadetto degli Angiò-Durazzo, istituì, nel territorio del Giustizierato d'Abruzzo Ultra, il Ducato di Atri, del quale investì Andrea Matteo I Acquaviva. Stabilita la sede ducale ad Atri e la residenza estiva a San Flaviano (in seguito distrutta e riedificata col nome di Giulia Nova) gli Acquaviva esercitarono la loro signoria anche sui territori di Silvi, Montepagano, Canzano, Morro, Cellino (oggi Cellino Attanasio), Castelvecchio ossia Castellalto, Notaresco, Guardia Vomano, Corropoli, Mosciano S. Angelo, Poggio Morello, Ripattoni, Controguerra, Colonnella, Torano, Sant'Omero, Tortoreto, Bellante, Forcella, Montagna di Roseto (oggi parte dei comuni di Cortino e Crognaleto), Valle Castellana, Montone.
Per tutto il Medioevo i duchi Acquaviva ambirono al possesso della città di Teramo. Vi riuscirono in un primo tempo indirettamente, esercitando il ruolo di Giustizieri (ovvero governatori) d'Abruzzo, affidato loro dai re Angioini. In un secondo tempo furono investiti direttamente del titolo di conti di Teramo, che mantennero per un lungo periodo. Ma per tutto il Medioevo dovettero combattere la contrapposizione delle famiglie nobili teramane che, divise in fazioni, tentavano di assumere il potere in città e nel territorio circostante, a prezzo di continui conflitti, disordini e stragi.
Nel 1302, con la pace di Caltabellotta, l'Italia meridionale era stata suddivisa tra gli Angioini nella parte continentale, chiamata Regno di Napoli, che andava dall'Abruzzo alla Calabria, e gli Aragonesi nella parte insulare, chiamata Regno di Sicilia. L'equilibrio si ruppe nel 1442, anno in cui gli Aragonesi di Alfonso V, alleatisi con il Ducato di Milano dei Visconti, conquistarono anche il Regno di Napoli.
Dopo l'avvento sul trono di Napoli della dinastia degli Aragonesi, gli Acquaviva, che sotto gli Angioini avevano raggiunto il loro apogeo con Giosia, persero parte dei loro possedimenti. Su mandato di Ferdinando I (Ferrante) d'Aragona, il Ducato di Atri fu occupato per qualche tempo dalle truppe del condottiero Matteo di Capua, che nell'agosto 1462 assediò nel castello di Cellino il duca Giosia Acquaviva e la sua famiglia, che morirono di stenti e di peste durante l'assedio.
Nel 1481 la famiglia Acquaviva assunse il titolo Acquaviva d'Aragona in forza di un privilegio concesso nel 1479 dal re Ferrante in segno di riconoscimento per l'impegno militare di Giulio Antonio I Acquaviva, che nel 1478 aveva comandato con successo la flotta di Ferrante contro Firenze. Ma, nonostante questo riconoscimento, i contrasti con gli Aragonesi perdurarono, con alterne fortune, fino al 1530, anno in cui la successione del ducato, pur a prezzo di perdite economiche e menomazioni territoriali, tornò a Giovanni Antonio Donato Acquaviva.
Nei secoli successivi l’Abruzzo Teramano seguì le sorti del Regno di Napoli e fu teatro delle lotte per il controllo del territorio tra diverse famiglie, tra cui i Farnese, i Camponeschi e i Carafa, nonché delle imprese brigantesche di Marco Sciarra, finché nel 1562 il controllo cittadino diventa prerogativa esclusiva di un cartello di quarantotto famiglie storiche che governarono Teramo fino al 1770.
Estintosi nel 1755 con Rodolfo d'Acquaviva il ramo dei duchi di Atri, la corona di Napoli avocò a sé i feudi del Teramano che furono ricompresi nei regi stati allodiali, ovvero controllati direttamente dal re e non più concessi in feudo. Al ramo cadetto degli Acquaviva di Conversano, che rivendicarono la successione, fu concesso il solo titolo di duchi di Atri, che mantennero fino alla morte della duchessa Giulia, ultima esponente del ramo di Conversano scomparsa nel 1972.
Una descrizione puntuale della realtà di Cellino poco prima dell'annessione dell'Abruzzo al Regno d'Italia si trova nel volume di Agostino Taraschi, allora sindaco di Cellino, dal titolo "Saggio di Statistica Generale con applicazione al Comune di Cellino in provincia del Primo Abruzzo Ultra" (Stabilimento tipografico P. Androsio, Napoli, 1851).
La necropoli picena di Campovalano (Campli, TE).
Ricostruzione dell'interno di una tomba picena.
Teramo, resti di una domus di Interamnia Praetutiorum.
Cellino, Case Carnevale, iscrizione del II secolo a.C.
Cellino, resti romani in località Valviano.
Atri, il Palazzo Ducale degli Acquaviva.
Cellino Attanasio, le fortificazioni degli Acquaviva.